Personale, Riflessioni

Dentro o fuori dalla caverna?

Qualche giorno fa ho letto un pensiero su cui spesso mi sono trovato a riflettere.

Il danno più grande che possiamo fare a noi stessi è ingannarci, raccontarci una realtà artefatta che ci faccia stare bene, ci tolga l’ansia, ci rassicuri. […] Magari così troviamo un po’ di pace per qualche ora o anche per un tempo più lungo. Oppure riusciamo a vivere in modo “decente”.
Ma è questo il nostro destino? Vivere una vita finta o mutilata?

Il tutto potrebbe essere riassunto dal dilemma: è meglio “sapere” per poi vivere una vita infelice ma vera (consapevole), oppure non “sapere” – o, peggio ancora, “ignorare” – continuando a vivere una vita felice ma falsa, in quanto basata su convinzioni sbagliate?

Guardandomi attorno e analizzando le mie passate esperienze, sono arrivato a convincermi del fatto che la gente (forse non tutta, in quanto temo sia una caratteristica soprattutto italiana) spesso preferisca rimanere nella situazione in cui si trova, minimizzando i problemi e cercando delle giustificazioni. Quante volte notiamo qualche piccola imperfezione che insinua un dubbio in noi, ma che preferiamo ricacciare indietro, piuttosto di indagarne il motivo? Quante volte tendiamo a lamentarci dei problemi senza mai porre in atto delle azioni concrete per contrastarli?

Temo che il motivo principale di questo atteggiamento sia la pigrizia. Ed è molto triste sapere che non si cerca di risolvere un problema, anche se è risolvibile, perché manca la voglia, l’impegno.

Indubbiamente richiede meno sforzo l’accettare una situazione così com’è, rispetto al fare qualcosa per porvi rimedio. Forse dietro al “dover fare qualcosa” c’è la paura di ciò che accadrà dopo averlo fatto, la paura dell’ignoto, di ciò che non si conosce. Probabilmente noi uomini (italiani?) siamo pessimisti di natura (forse anche a causa delle difficoltà che la società ci costringe ad affrontare), e per questo siamo portati a pensare che se dovesse cambiare qualcosa, sicuramente porterebbe ad una situazione peggiore.

La conseguenza di un tale modo di pensare è che per poter avviare un processo di cambiamento è necessario avere un motivo più che valido, che ci assicuri il raggiungimento di una posizione migliore di quella attuale. Alle persone “fortunate” capita di incontrare questo motivo che le spinge a decidere di cambiare, ma la maggior parte delle persone non lo incontrerà mai o, anche se lo incontra, la paura del cambiamento le fa decidere che sia meglio rinunciare a quell’opportunità e lasciare le cose come stanno… Questo secondo tipo di persone è quello che accetta di vivere una vita “di serie B”, una vita che è piovuta loro addosso: hanno giocato un ruolo passivo, subendo le decisioni altrui, fino a rinunciare deliberatamente alla verità, nascondendo ogni dubbio per potersi così ritenere felici. I pochi altri, invece, hanno preso in mano la situazione e deciso di vivere da protagonisti, nel bene o nel male;  artefici del proprio destino; non hanno avuto paura di accettare la verità, rincorrendola con determinazione, pur consapevoli del rischio di rimanere delusi o infelici.

In passato, tanti si sono occupati di questo argomento (che è estremamente generico e potrebbe essere applicato a tutto, dalla fede religiosa ai rapporti sentimentali, e così via…), tra i quali anche il filosofo Platone col bellissimo ed efficacissimo mito della caverna.

Io sono sempre stato dalla parte della verità “a tutti i costi”, perché ritengo che la sincerità e la conoscenza siano le cose più importanti da perseguire. Però non sono mai riuscito ad accettare fino in fondo l’infelicità che queste due cose spesso si portano appresso.

Per la prima volta da quando curo questo blog, invito voi lettori a lasciare un vostro parere in merito, in quanto non sono ancora riuscito a convincermi su cosa sia meglio e mi piacerebbe dunque sapere cosa ne pensate. Preferite rimanere chiusi nella caverna, nel mondo artificioso che avete imparato ad apprezzare, o ritenete valga la pena uscire fuori per scoprire com’è fatto il mondo vero, essendo disposti ad accettare anche una realtà che potrebbe non piacervi o piacervi meno della caverna?

Riflessioni

Ombre di sapienti

Prima stavo leggendo un libro che mi ha riportato ad un mio vecchio pensiero. Il passo in questione è tratto dal Fedro, in cui Platone fa dire a Socrate:

  «[lo scrivere], di fatto, cagionerà, per mancato esercizio di memoria, l’oblio nelle anime di chi apprenderà, poiché si ricorderà delle cose sulla fede dello scritto, dal di fuori, per caratteri altrui, non da sé, per intimo processo. Non hai dunque trovato una medicina per serbare i ricordi, ma piuttosto per richiamarli. Ai discepoli darai una parvenza di sapere, non la scienza vera; grazie a te, avendo notizia di tante cose senza nessun insegnamento, crederanno d’essere molto dotti e saranno per lo più molto ignoranti, e anche difficili da sopportarsi, poiché saranno ombre di sapienti, non sapienti veri.»

Questo ricalca esattamente la mia opinione del Web. Al giorno d’oggi, sul Web si può trovare di tutto. Se si vuole approfondire un argomento, sul Web si trova tutto il materiale necessario, a partire, ad esempio, da Wikipedia. Magnifico! Il problema è che questo fatto ha delle conseguenze terribili: non è più necessario studiare un argomento, perché si possono facilmente e istantaneamente trovare tantissime informazioni in merito con una semplice ricerca sul Web. Perfino i ragazzi che devono affrontare una ricerca scolastica, oggi, si limitano a fare copia-incolla senza nemmeno rileggere il testo. E il mondo d’oggi porta a pensare che quella sia proprio la strada da percorrere: non è più apprezzato colui che conosce, colui che sa… ma colui che, all’occorrenza, sa dove trovare l’informazione! Ci ridurremo a diventare ombre di sapienti, non sapienti veri.