Citazioni, Musica, Riflessioni, Storia

Dylan e De Gregori: “Chi è l’assassino?”. Nessuno. O tutti?

L’altra sera, mentre mi spostavo in auto per un lungo tragitto, ho riascoltato il “bootleg” del concerto di Bob Dylan del 1964 al Philharmonic Hall. Arrivato alla canzone “Who killed Davey Moore?“, il discorso introduttivo di Dylan mi ha colpito particolarmente e, forse per la pungente ironia o forse per chissà quale altra ignota connessione sinaptica, mi ha ricordato il discorso di De Gregori inciso nell’album “Catcher in the sky“, che riporto qui:

La prossima è una canzone costruita in modo abbastanza particolare. E’ fatta tutta con dei verbi messi al modo infinito e tutti questi verbi hanno anche l’ultima sillaba accentata, quindi sono parole tronche. […] Allora tutte queste parole, tutti questi verbi all’infinito sono anche tronchi: sono infiniti tronchi. Io volevo chiamare questa canzone, proprio per chiarezza, “Infiniti tronchi“. Poi però ho pensato che qualche critico musicale l’avrebbe scambiata per una canzone su una foresta sterminata. E allora, con un colpo di genio, l’ho chiamata “Sotto le stelle del Messico a trapanar“.

L’ironico discorso di Dylan invece è questo:

This a song about a boxer… It’s got nothing to do with boxing, it’s just a song about a boxer really.
And, uh, it’s not even having to do with a boxer, really. It’s got nothing to do with nothing.
But I fit all these words together… that’s all…
It’s taken directly from the newspapers. Nothing’s been changed… except for the words.

che tradotto significa:

Questa è una canzone su un pugile… Non ha niente a che fare con la boxe, è davvero semplicemente una canzone su un pugile.
E, uh, non ha nemmeno niente a che fare con un pugile, in effetti. Non ha niente a che fare con niente.
Ma ho unito tutte queste parole insieme… questo è tutto…
E’ presa direttamente dai giornali. Niente è stato cambiato… eccetto le parole.

L'ultimo combattimento di Davey Moore, contro Sugar Ramos (21 marzo 1963)
L’ultimo combattimento di Davey Moore, contro Sugar Ramos (21 marzo 1963). Al termine dell’incontro e dopo aver rilasciato alcune interviste, Davey Moore cadde in coma nel suo camerino. Non si risvegliò più. Morì il 25 marzo 1963.

Subito dopo questa introduzione, ho ascoltato con molta attenzione la canzone di Dylan, mentre nella mia mente si formulava il collegamento con De Gregori di cui vi ho già parlato.

La canzone di Dylan gira attorno al ritornello: “Chi ha ucciso Davey Moore? Perché e per quale motivo?“. Nelle strofe è come se Dylan andasse ad intervistare, uno per uno, tutti coloro che erano presenti all’incontro di boxe che ha poi provocato la morte del pugile. Ognuno di essi non fa altro che cercare in tutti i modi di discolparsi e convincerci che lui non abbia alcuna minima responsabilità sull’accaduto.

Alla fine, né l’arbitro, né la folla, né il manager, né gli scommettitori, né i giornalisti si dicono coinvolti. Tutti terminano dicendo: “Non sono stato io a farlo cadere; non potete di certo incolpare me!“. La canzone si conclude con l’affermazione dell’avversario: “E’ stato il destino; è stata la volontà di Dio“.

Luigi Tenco mentre canta
Luigi Tenco mentre canta “Ciao amore ciao” al Festival di Sanremo del 1967. Dopo l’eliminazione dalla competizione canora, tornò in albergo e si uccise sparandosi alla testa.

Inevitabile per me, a questo punto, collegare questa canzone con un’altra canzone di De Gregori intitolata “Festival“, che narra la fine di Luigi Tenco, un cantautore che nel 1967 si uccise durante il Festival di Sanremo a cui stava partecipando.

Anche questa canzone gira attorno alla domanda: chi l’ha ucciso? E, anche qui, De Gregori si sofferma su tutto ciò che accadde in quei giorni: le ipotesi e accuse infondate (“forse aveva bevuto troppo“, “un problema di donne“, “aveva dei debiti“), l’ipocrisia di molti (“Lo portarono via in duecento. Peccato fosse solo, quando se ne andò.“), la speculazione sul tragico evento (“presero le sue mani e le usarono per un applauso più forte“), le responsabilità di ognuno (“l’uomo della televisione“, “l’inviato della pagina musicale“, coloro che “si ritrovarono dietro il palco“), la voglia di superare in fretta l’accaduto per poter proseguire con lo spettacolo (“Nessuna lacrima vada sprecata; in fin dei conti cosa c’è di più bello della vita?“, “tutti dicevano ‘Io sono stato suo padre!’, purché lo spettacolo non finisca“, “altri ne hanno fatto un monumento per dimenticare un po’ più in fretta“).

La risposta alle domande “chi ha ucciso Davey Moore?” e “chi ha ucciso Luigi Tenco?” potrebbe essere banale: il primo è morto per le botte ricevute dal suo avversario, mentre il secondo si è sparato. Invece, Dylan e De Gregori ci spingono ad allargare il nostro punto di vista ed approfondire le concause. Dopo poco, ci rendiamo conto che questi tragici eventi sono solamente la conseguenza manifesta di tutto ciò che è avvenuto prima e che, se ne analizziamo il contesto, ci viene il sospetto di avere qualche macchia sulla coscienza.

Facciamo parte di una società molto più grande di noi dalla quale, talvolta, probabilmente per pigrizia, ci lasciamo spingere a partecipare ad eventi, movimenti o gruppi apparentemente giustificati ma che potrebbero nascondere conseguenze pericolose.

Come ha illustrato molto bene Hannah Arendt nel libro “La banalità del male“, la colpa più grande dei gerarchi nazisti è forse quella di aver eseguito gli ordini senza pensare, senza chiedersi se fosse giusto o meno. Tuttavia, senza arrivare ad eventi tragici come omicidi o genocidi, anche noi, nel quotidiano, spesso facciamo le cose senza pensare; anche le più banali, come andare a fare la spesa scegliendo il prodotto più economico, ignorando il fatto che probabilmente un prezzo così basso è il risultato dello sfruttamento di qualcuno o qualcosa (ad esempio, l’ambiente). Sarebbe bene, quindi, fermarsi più spesso a riflettere su ciò che facciamo e su quanto sia giusto farlo.

Anche se ora ve ne fregate, voi quella notte voi c’eravate.
Anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti.
(“Canzone del maggio“, Fabrizio De Andrè)


Per completezza, riporto di seguito il testo delle due canzoni (di quella di Dylan riporto solo la traduzione in italiano, essendo comunque molto facile reperire il testo originale).

WHO KILLED DAVEY MOORE?

Bob Dylan

Chi ha ucciso Davey Moore?
Perché e per quale motivo?

“Non io” dice l’arbitro
“Non puntate l’indice contro di me
Avrei potuto fermare l’incontro all’ottava
e forse lo avrei salvato dal suo destino
Ma la folla avrebbe protestato, ne sono sicuro,
per aver sprecato il proprio denaro.
E’ un peccato che sia morto
ma c’era pressione su di me, sapete.
Non sono stato io a farlo cadere
No, non potete assolutamente incolpare me”

Chi ha ucciso Davey Moore?
Perché e per quale motivo?

“Non noi” dice la folla arrabbiata
le cui grida hanno riempito lo stadio stracolmo.
“E’ un peccato che sia morto quella notte
ma a noi piace solo vedere un incontro di pugilato
Non intendevamo certo che egli morisse
volevamo solo vedere un pò di sudore
non c’è niente di sbagliato in questo
Non siamo stati noi a farlo cadere
No, non potete assolutamente incolpare noi”

Chi ha ucciso Davey Moore?
Perché e per quale motivo?

“Non io” dice il suo manager
sbuffando col suo grosso sigaro
“E’ dura da dire, è difficile da raccontare,
ma ho sempre creduto che stesse bene
E’ un peccato per sua moglie e per i suoi figli che egli sia morto
ma se stava male avrebbe dovuto dirlo lui
Non sono stato io a farlo cadere
No, non potete assolutamente incolpare me”

Chi ha ucciso Davey Moore?
Perché e per quale motivo?

“Non io” dice lo scommettitore
con il suo biglietto ancora in mano
“Non sono stato io quello che lo ha mandato a tappeto
Le mie mani non lo hanno nemmeno sfiorato
Non ho commesso nessun peccato
e ad ogni modo avevo pure scommesso sulla sua vittoria
Non sono stato io a farlo cadere
No, non potete assolutamente incolpare me”

Chi ha ucciso Davey Moore?
Perché e per quale motivo?

“Non io” dice il giornalista sportivo
mentre pesta sulla sua macchina da scrivere
e dice “La boxe non ha colpe
c’è più rischio in una partita di football
Il pugilato deve continuare
è una questione di tradizione americana
Non sono stato io a farlo cadere
No, non potete assolutamente incolpare me”

Chi ha ucciso Davey Moore?
Perché e per quale motivo?

“Non io” dice l’uomo i cui pugni
lo fecero cadere in un bagno di sudore
Che è venuto qui dalle frontiere di Cuba
dove la boxe non è più legale
“L’ho colpito, certo, è vero
ma è quello per cui sono pagato
Non dite “uccidere” non dite “assassinare”
E’ stato il fato, è stato il volere di Dio”

Chi ha ucciso Davey Moore?
Perché e per quale motivo?

(traduzione presa da http://www.maggiesfarm.it/ttt292.htm)

FESTIVAL

Francesco De Gregori

Nella la città dei fiori disse chi lo vide passare
che forse aveva bevuto troppo ma per lui era normale.
Qualcuno pensò fu un problema di donne,
un altro disse proprio come Marylin Monroe.
Lo portarono via in duecento,
peccato fosse solo quando se ne andò.
La notte che presero il vino e ci lavarono la strada.
Chi ha ucciso quel giovane angelo che girava senza spada?

E l’uomo della televisione disse:
“Nessuna lacrima vada sprecata, in fin dei conti cosa
c’è di più bello della vita, la primavera è quasi cominciata”.
Qualcuno ricordò che aveva dei debiti,
mormorò sottobanco che quello era il motivo.
Era pieno di tranquillanti, ma non era un ragazzo cattivo.
La notte che presero le sue mani
e le usarono per un applauso più forte.
Chi ha ucciso il piccolo principe che non credeva nella morte?

E lontano lontano si può dire di tutto,
non che il silenzio non sia stato osservato.
L’inviato della pagina musicale scrisse:
“Tutto è stato pagato”.
Si ritrovarono dietro il palco,
con gli occhi sudati e le mani in tasca,
tutti dicevano “Io sono stato suo padre!”,
purché lo spettacolo non finisca.
La notte che tutti andarono a cena
e canticchiarono “La vie en rose”.
Chi ha ucciso il figlio della portiera, che aveva fretta e che non si fermò?

E così fu la fine del gioco,
con gli amici venuti da lontano,
a deporre una rosa sulla cronaca nera,
a chiudere un occhio, a stringere una mano.
Alcuni lo ricordano ancora mentre accende una sigaretta,
altri ne hanno fatto un monumento
per dimenticare un po’ più in fretta.
La notte che presero il vino e ci lavarono la strada.
Chi ha ucciso quel giovane angelo che girava senza spada?

Citazioni, Politica, Riflessioni

La dignità di ogni persona

Le tragedie del Novecento hanno così reso visibile un’altra, terribile casistica, una moderna barbarie, e si sono trasformate in ammonimento. In apertura della Costituzione francese del 1948 si ricorda che quel testo è stato scritto “all’indomani della vittoria dei popoli liberi sui regimi che hanno cercato d’asservire e degradare la persona umana”. Ma pure i vinti, i tedeschi, si sono mossi nella medesima direzione, e hanno voluto marcare la distanza dal loro passato aprendo la loro Costituzione con il dichiarare inviolabile la dignità umana.

[…]

Ma non esistono cataloghi che contemplino le quotidiane vie verso l’esclusione dell’immigrato ritenuto indegno di sedere sulle stesse panchine dove si riposano i nativi, della donna indegna di stabilire liberamente le proprie relazioni personali e sociali, dell’omosessuale indegno di vedere riconosciuto giuridicamente il suo legame con un’altra persona, dell’arrestato indegno di essere rispettato nei suoi diritti se preme l’emergenza della sicurezza pubblica, del lavoratore indegno di conservare i diritti ritenuti incompatibili con l’emergenza economica. Queste sono le politiche dell’indegnità alle quali devono essere opposte le politiche dei diritti, mai come in questo caso costitutive dell’umanità stessa delle persone. Il mondo è fitto di queste indegnità, nuove alcune, molte invece provenienti proprio da quel passato dal quale si vuol liberare.

“Il diritto di avere diritti”, Stefano Rodotà

Politica, Riflessioni, Storia

Giornata della memoria

Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici: 

Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.

Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.

O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi.

Primo Levi

Oggi ricorre la Giornata della memoria, in ricordo dello sterminio nazista ai danni non solo degli ebrei ma anche di omosessuali, zingari, testimoni di geova, portatori di handicap fisici e psichici, oppositori politici. Non dimentichiamolo mai.